Il cancro della prostata è il più frequente tumore maschile dopo i 50 anni. In genere presenta una evoluzione biologica molto lenta, pertanto può essere trattato con successo, ma è importante che la diagnosi sia fatta in uno stadio precoce della malattia.

LA PREVENZIONE

Un adeguato programma di prevenzione deve prevedere:

– Esplorazione rettale (ogni 6 mesi)

– Dosaggio del PSA (ogni 6 mesi)

– Ecografia prostatica transrettale (ogni 12 mesi, salvo diversa indicazione)

SINTOMATOLOGIA

Il cancro della prostata evolve quasi sempre senza alcun sintomo, dal momento che si sviluppa nella porzione periferica della ghiandola e causa raramente disturbi urinari. In caso di stadio particolarmente avanzato di malattia può provocare dolori a livello dell’ano e del retto (per compressione del retto), coliche renali (per compressione o invasione d’uretere), dolori ossei in caso di metastasi.

DIAGNOSI

– Esplorazione rettale

– Dosaggio RIA del PSA totale, libero e frazionato

– Biopsia della prostata

Indagini strumentali:

-Ecografia prostatica transrettale (TRUS)

-Radiografia del torace nelle due proiezioni (indagine di stadiazione)

-TC torace, addome e pelvi senza e con m.d.c. (indagine di stadiazione)

-Scintigrafia ossea total body (indagine di stadiazione)

TERAPIA

In funzione dello stadio della malattia e l’età del paziente si può indicare uno dei seguenti trattamenti:

1. Intervento chirurgico di prostatectomia radicale

L’intervento chirurgico risulta indicato in tutti i casi di malattia localizzata, dal momento che si riesce ad ottenere un ottimale di controllo della malattia nel tempo in queste condizioni. Invece, per i casi di malattia localmente avanzata, la prostatectomia radicale può essere presa in considerazione, ma sulla base del singolo caso clinico e discutendo in dettaglio con il paziente tutti i vantaggi e svantaggi dell’intervento chirurgico in queste condizioni di malattia. In alcuni casi è possibile indicare prima dell’intervento una terapia ormonale neoadiuvante, nel tentativo di ridurre le dimensioni del tumore e farlo rientrare entro i confini capsulari della ghiandola. Le più comuni complicanze dell’intervento chirurgico di prostatectomia radicale consistono nella disfunzione erettile e nell’incontinenza urinaria.

2. Radioterapia esterna

La radioterapia a fasci esterni rappresenta la terapia di scelta nei casi di malattia localmente avanzata o avanzata e in caso di pazienti con elevato rischio anestesiologico pertanto non operabili. Attualmente sono state introdotte modifiche tecniche alla radioterapia per migliorare il controllo locale della malattia, la sopravvivenza a lungo termine e ridurre l’incidenza degli effetti collaterali (disfunzione erettile, cistite e proctite attinica). È infatti possibile aumentare la dose ricevuta adattando la forma del raggio (radioterapia conformazionale) e somministrare dosi maggiori di radioterapia senza aumentare la tossicità per i tessuti normali circostanti.

3. Terapia ormonale

La deprivazione androgenica rappresenta la terapia di scelta per i pazienti con malattia avanzata e per quelli che sviluppano una recidiva di malattia dopo aver effettuato un trattamento iniziale di tipo chirurgico o radioterapico. Il razionale scientifico consiste nel bloccare la funzione degli ormoni maschili (androgeni) che rappresentano il “carburante” per lo sviluppo e la crescita del tumore.

Inizialmente la terapia di scelta consisteva nella didimectomia bilaterale (castrazione chirurgica), successivamente è stata introdotta una vasta gamma di farmaci a funzione antiandrogenica, che consentono una ottimale modulazione della terapia con elevate percentuali di successo nel controllo a lungo termine della malattia.

I farmaci più comuni impiegati nella deprivazione androgenica sono gli agonisti dell’LHRH e la cui somministrazione può avvenire secondo una schema mensile, trimestrale o semestrale.

4. Chemioterapia

La chemioterapia viene effettuata solo nei casi di pazienti che presentano una malattia in fase avanzata di progressione e che non rispondono adeguatamente alla terapia di deprivazione androgenica. Purtroppo tale evenienza è particolarmente frequente nei soggetti che effettuano terapia con antiandrogeni per molti anni e nei quali è possibile la comparsa di cloni di cellule che diventano “insensibili” agli androgeni e che quindi vanno controllati mediante una terapia citostatica. I farmaci più frequentemente impiegati rientrano nella categoria dei taxani.

Domande frequenti

  • Qual è il migliore tipo di intervento chirurgico?

L’intervento chirurgico rappresenta in tutti i casi una prostato-vesciculectomia radicale (cioè rimozione in blocco di prostata e vescicole seminali) e quello che cambia è semplicemente l’approccio impiegato.

È possibile effettuare tale intervento mediante la classica incisione laparotomica (incisione di 7-8 cm fra ombelico ed osso pubico), mediante un approccio laparoscopico convenzionale (5 fori attraverso cui vengono introdotti gli strumenti) ed infine mediante un approccio laparoscopico robot-assistito (identico approccio della laparoscopia convenzionale con l’ausilio di 4 bracci robotici).

Ad oggi non esiste alcuna dimostrazione scientifica definitiva che ci sia un reale vantaggio di una tecnica rispetto ad un’altra e la migliore indicazione è che ogni chirurgo effettui l’intervento con l’approccio a lui più congeniale e nel quale ha raggiunto la massima esperienza. Va però ricordato che negli approcci laparoscopico e robotico si accorciano decisamente i tempi di recupero per il paziente.

  • Che differenza c’è fra laparoscopia e robotica?

Entrambi rappresentano approcci mini-invasivi in cui vengono effettuati 5 fori sull’addome del paziente e che servono per l’introduzione degli strumenti operatori. La differenza principale consiste nel fatto che mentre nell’intervento laparoscopico convenzionale i chirurghi lavorano al tavolo introducendo e manovrando gli strumenti direttamente, nell’approccio robotico il chirurgo primo operatore siede ad una consolle di comando che manovra elettronicamente a distanza i bracci del robot. Entrambe le metodiche garantiscono un’eccellente visione delle strutture anatomiche oltre a consentire l’impiego di sofisticati strumenti che aumentano notevolmente la precisione chirurgica dell’intervento.

  • In cosa consiste la tecnica nerve-sparing?

Per tecnica nerve-sparing (letteralmente significa risparmio dei nervi) si intende la possibilità di risparmiare durante la rimozione della ghiandola uno o entrambi i fasci vascolo nervosi che controllano l’erezione, al fine di garantire un migliore recupero sessuale. Tale procedura può essere talvolta tecnicamente complessa dal momento che la distanza fra i fasci e la capsula della prostata è di solo pochi millimetri. Ogni chirurgo deve discutere in dettaglio con il paziente le opzioni chirurgiche ed in particolare se durante l’intervento sarà possibile effettuare un risparmio bilaterale o monolaterale. Ad ogni modo, nella decisione sul tipo di approccio da effettuare è fondamentale tenere in considerazione il rischio oncologico di recidiva della malattia, per cui un intervento nerve-sparing deve essere indicato assolutamente solo in casi di malattia in stadio iniziale.

  • L’incontinenza urinaria è sempre definitiva?

L’incontinenza urinaria rappresenta una complicanza costante degli interventi di prostatectomia radicale, ma nella stragrande maggioranza dei casi rappresenta un disturbo transitorio che tende a risolversi nell’arco di pochi mesi. Solo una minima percentuale di pazienti (1-7%) presenta un’incontinenza urinaria definitiva tale da giustificare l’apposizione di uno sfintere urinario artificiale. È importante spiegare al paziente che l’incontinenza può essere decisamente migliorata mediante l’esecuzione di tecniche di riabilitazione attiva e passiva dello sfintere (biofeedback ed elettrostimolazione) e grazie a terapie farmacologiche specifiche.nuovi calcoli.